Lucia Simeoni
Si presenti.
Sono Lucia Simeoni, sono un ingegnere civile per la difesa del suolo e la pianificazione territoriale e ho fatto, dopo la laurea, un dottorato di ricerca in ingegneria geotecnica.
Attualmente insegno, quindi, in corsi attinenti alla disciplina che è geotecnica e in particolare insegno nel corso di geotecnica per la laurea triennale di ingegneria per l’ambiente e il territorio e il corso di opere di sostegno che invece è offerto come corso di orientamento nella laurea magistrale di ingegneria civile ma è anche un corso a scelta per gli studenti del corso di laurea magistrale di ingegneria per l’ambiente e il territorio.
Cosa la appassiona di questa materia?
Ho scelto di fare un dottorato di ricerca in ingegneria geotecnica, successivamente alla tesi di laurea, in cui studiavo il comportamento di argille sovraconsolidate.
La geotecnica diciamo che è un contenitore molto ampio che comprende sia la meccanica delle terre che l’ingegneria geotecnica, quindi spiega come si comporta questo materiale che è il terreno su cui tutti noi appoggiamo i piedi, su cui vengono poggiate le fondazioni, su cui vengono realizzate le gallerie, vengono realizzati gli argini dei fiumi, le discariche…
Quindi noi dobbiamo descrivere il comportamento di questo particolare materiale, che è un materiale generalmente trifase e discreto, formato di particelle, per poter progettare le opere di ingegneria geotecnica.
Il fascino è riuscire a descrivere quello che noi osserviamo in superficie e nel terreno, quindi parlo anche delle frane, della stabilità dei pendii, quindi riusciamo con la meccanica delle terre a descrivere numericamente, mediante modelli, quello che sta avvenendo nel terreno e ovviamente riusciamo a progettare le opere, progettare in sicurezza, opere di ingegneria geotecnica di varia natura.
Come mai ha scelto questo lavoro?
Ecco come dicevo, la scelta deriva dal dottorato di ricerca che ho svolto di ingegneria geotecnica quindi la scelta va a monte.
Perché ho fatto un dottorato in ingegneria geotecnica? Perchè mi ero affascinata a studiare temi inerenti l’ambiente, io volevo come ingegnere civile volevo dedicarmi a temi che riguardassero l’ambiente, parliamo ormai di decine di anni fa.
Mi era parso che la disciplina della geotecnica mi consentisse di affrontare tematiche riguardanti questo, riguardanti la terra. Poi va da se, con la formazione, il dottorato di ricerca, mi è sempre piaciuto insegnare sono riuscita ad entrare nel mondo accademico e quindi insegno nelle discipline della geotecnica per questo motivo.
Da quanto tempo insegna a Trento?
Allora io sono arrivata a Trento nel 2000, sono arrivata come ricercatrice precaria, con contratti a tempo determinato e in quegli anni ho iniziato a svolgere il ruolo di collaboratore all’attività didattica, quindi a fare esercitazioni.
Penso di aver avuto la titolarità di un corso, che era il corso di stabilità dei pendii, intorno al 2005/2006.
Poi sono ritornata a Trento, dopo una parentesi di cinque anni in un’altra università, nel 2016 e da allora sto insegnando nei corsi di geotecnica nella laurea triennale e di opere di sostegno nella laurea magistrale.
Come si ricorda il suo primo giorno di lezione?
Quando è stato il mio primo giorno di lezione? Non me lo ricordo, sicuramente è stato un giorno in cui ho svolto esercitazioni, quindi ho svolto esercizi assieme agli studenti, quando sia stato non ve lo so dire, una ventina di anni fa…
Che sensazione avrò avuto? Sicuramente timore, insomma l’emozione di essere di fronte ad una platea di studenti che potevano interrogarmi, cioè dovevano interrogarmi, pormi le domande quindi la paura di non saper rispondere.
Adesso questo timore si è limitato, insomma dopo tanti anni si hanno maggiore conoscenza e consapevolezza delle discipline e delle cose che insegniamo.
Quello che posso dire è che se all’inizio mi sembrava di essere uno studente un po’ più anzianotto tra studenti, adesso invece mi sento proprio l’insegnante, ho un’età molto diversa. Ecco quindi che la relazione è un po’ più diversa e c’è la difficoltà magari di instaurare un rapporto non confidenziale ma non incutere timore negli studenti affinché siano stimolati a pormi domande, a pormi quesiti.
Svolge anche ricerca? A che progetti sta lavorando in quest’ultimo periodo?
Allora io svolgo anche attività di ricerca, che riguarda prevalentemente temi legati alla stabilità dei pendii, in particolare frane, e attualmente sto studiando l’interazione tra frane, quindi pendii in movimento e infrastrutture di trasporto in virtù anche dell’importanza infrastrutture di trasporto che attraversano il territorio del Trentino Alto-Adige, penso ad esempio l’autostrada poi abbiamo la ferrovia. Insomma siamo in una rete europea di transito sia su gomma che su ferro.
Oltre a questo mi occupo anche di studiare la conformità degli strumenti, ovvero gli strumenti che utilizziamo per eseguire il cosiddetto monitoraggio geotecnico. Nel caso dello studio dei movimenti dei pendii dobbiamo installare strumenti in profondità nel terreno perché possano valutare gli spostamenti del terreno e quindi se quel pendio si muove o se è pressoché fermo. E io mi occupo di frane, cosiddette frane estremamente lente quindi frane che si muovono meno di 16mm all’anno.
Sapete quant’è 16mm? Avete idea di quanto sia il diametro di un centesimo di euro? Beh si muove meno del diametro del centesimo di euro in un anno e quindi dobbiamo utilizzare strumenti in grado di misurare spostamenti così piccoli e la domanda che dobbiamo porci è ‘Quello che sto misurando è spostamento o è errore?’ e quindi questo è un altro tema che ho affrontato e che sto affrontando.
Un progetto che mi sta entusiasmando molto è proprio questo studio dell’interazione tra i pendii e le infrastrutture di trasporto perchè, aldilà delle difficoltà nello studiare questo tipo d’interazione che riguarda volumi di terreno estremamente grandi, parliamo di milioni di metri cubi di porzioni di pendio che possono muoversi e trascinare porzioni dell’infrastruttura di trasporto. Quindi capite tutte le difficoltà che ci sono nel caratterizzare questi grandi volumi di terreno e trovare, costruire i modelli che descrivano il tipo di interazione.
A che scopo? Lo scopo è quello di aiutare i gestori dell’infrastruttura di trasporto nel pianificare e programmare le attività di manutenzione.
Poi ci sono interazioni sempre che riguardano pendio-infrastruttura che riguardano i movimenti, adesso appunto ho parlato di queste grandi frane che per fortuna sono lente, con le quali si può convivere, quindi non bisogna temere se vi diciamo ‘c’è una frana al chilometro 50 dell’autostrada’, parliamo di qualcosa che si muove molto molto lentamente.
Poi ci sono altri fenomeni di interazione col pendio che sono fenomeni più rapidi o estremamente rapidi, ad esempio i crolli di blocchi di roccia, di cui per fortuna c’è già molta attenzione, io mi sto rivolgendo ai problemi legati al territorio trentino.
Che tipo di contesto è quello in cui è inserita l’università?
Posso dire l’impressione che ho avuto quando sono arrivata una ventina di anni fa.
Sicuramente è un’università, come istituzione, molto organizzata che definisce regole, procedure e questo significa anche molta trasparenza nell’organizzazione dell’attività sia didattica che di ricerca, quindi trasparenza anche nei confronti degli studenti, accessibilità a tutte le informazioni.
Un’università molto legata anche al proprio territorio, dove si analizzano temi di ricerca spesso legate al territorio perché c’è un’ottima collaborazione tra le istituzioni locali e l’Ateneo stesso.
L’altro aspetto che è emerso da quando sono arrivata è l’internazionalizzazione di questa università, quindi molto dialogo con gli altri Atenei e la possibilità di dare occasioni di mobilità nella didattica e nella ricerca. Un continuo diciamo via vai di insegnanti anche da altre università, oltre ad avere studenti da altre nazioni europee o da altre parti del mondo.
Se ha insegnato in contesti territoriali diversi, quali differenze ha rilevato?
Io ho fatto un’altra esperienza nell’università dell’Aquila per circa cinque anni, dove sono arrivata subito dopo il terremoto nel 2010. Sono arrivata in un contesto particolare del post emergenza, quindi è chiaro che l’esperienza che ho fatto è diversa da quella che stavo facendo e che poi ho ripreso a fare a Trento perché sono contesti diversi.
Però quello che emerge subito è la differente organizzazione delle attività, appunto l’università di Trento secondo me ha l’abitudine di definire regole, procedure che da un certo punto di vista sembrano ingabbiare le attività stesse quindi vincolarle proprio a queste procedure, dall’altra però sono uno strumento di trasparenza su ciò che si fa e su come si organizzano le varie attività, intendo attività didattiche, attività di ricerca e gestionali in generali…
Cosa direbbe ad uno studente che vuole iscriversi o ad uno iscritto a Ingegneria ambientale a Trento?
Allora quando alcuni ragazzi mi dicono che vogliono iscriversi a ingegneria e mi chiedono com’è ingegneria per l’ambiente e il territorio a Trento, innanzitutto io dico che come università è molto ben organizzata e questo facilita l’inserimento dello studente, che lui stesso riesce ad organizzare subito la sua attività nello studio.
L’altra cosa che dico sempre agli studenti che pensano di venire a Trento è ‘Ti piacciono le montagne?’ Perchè l’università è sì studio ma è anche tempo libero.
Beh chiedo appunto ti piace la montagna perché siamo in un territorio di montagna, con montagne anche molto belle, insomma siamo molto vicini alle Dolomiti, in poco tempo si può arrivare anche nel cuore delle Dolomiti, che è qua nella regione vicino a noi.
E soprattutto lo studente deve essere appassionato all’attività fisica perché il trentino è uno sportivo, è normale vedere il giovane trentino che va a correre, in bicicletta, che fa arrampicata, trekking in montagna, che scia…
Per cui secondo me diventa importante anche questo, che lo studente apprezzi il territorio montano. Diciamo che è un’università che accoglie e dà opportunità alle persone sportive.