Riccardo Rigon

Come si chiama e quale corso tiene.

Io sono Riccardo Rigon, insegno idrologia e modellazioni idrologiche.
Forse vi chiedete cosa sia l’idrologia? É lo studio dell’acqua nell’ambiente.
Avete presente quando studiate il ciclo idrologico alle elementari? Ecco qui all’università lo rifacciamo però andando a calcolare i flussi in maniera esatta.

Qual è la parte che la appassiona di più di questo campo di ricerca?

L’idrologia è un fenomeno estremamente interessante, intanto perchè l’acqua è una delle fonti della vita, quindi studiare come l’acqua si muove significa avere a che fare con tutti gli ambiti della vita dell’uomo sia quelli ricreativi che quelli produttivi che hanno a che fare con la produzione di energia, con la difesa delle piene, delle frane e molte altre cose, quindi studiare l’acqua è interessante da questo punto di vista.
Poi è estremamente interessante dal punto di vista matematico e fisico perché l’idrologia è una scienza molto matematica in cui si costruiscono dei modelli per studiare tutti questi flussi.
Naturalmente è molto complicato perchè si va dai micrometri della foglia, in cui ci sono gli stomi dove l’acqua evapora, fino al Rio delle Amazzoni che è grande come un continente.

Immagino che, come i suoi colleghi, lei non ha iniziato la sua carriera come professore ma prima con la ricerca, poi è stato affiancato ad un professore e successivamente è entrato di ruolo, ci racconti.

Tutti quanti qui si parte perché si è interessati ad un specifico argomento, ad una ricerca in particolari, si è attratti da un elemento. Ad esempio per me l’attrazione iniziale era stata per me capire perché i fiumi, i reticoli idrografici hanno la forma che hanno.
Dopodichè man mano che si entra nel meccanismo dell’università c’è l’esigenza di trasmettere quanto si è imparato di nuovo, in effetti all’università dovrebbe esserci un legame strettissimo tra il nuovo sapere che si produce e quello che poi si comunica, ovviamente l’università non è l’unico posto dove si produce sapere però è uno dei posti dove lo si fa.
Qualche volta capita che i miei studenti mi chiedano “Ma perchè non ci da un libro di idrologia?” Perchè la scienza che io insegno è sì antica ma anche molto giovane e in forte evoluzione quindi noi produciamo la scienza e non c’è ancora… Chi l’ha scritta nei libri, per modo di dire.

C’è un progetto a cui ha lavorato che le è rimasto particolarmente impresso per qualche motivo? Vuole parlarcene?

Beh la ricerca che rimane più a cuore è quella che l’ultima che si è fatta perché ti appassiona, ti prende, in questo momento ci stai pensando.
In questo momento ne ho due che mi prendono particolarmente e una di queste è la modellazione di tutto il bacino del Po per la previsione delle magre, cioè di quando c’è poca acqua.
In questo progetto noi dividiamo tutto il bacino del Po in tante aree, una per chilometro quadrato, e su ogni chilometro quadrato andiamo a calcolare il flusso idrologico, l’evaporazione, il deflusso superficiale, il deflusso nelle acquee sotterranee e perchè facciamo questo?
Intanto perché serve all’agricoltura, serve sapere quanta acqua si ha e si può utilizzare, come distribuirla e a chi distribuirla perchè in un bacino idrografico ci sono quelli a valle e quelli a monte e se quelli a monte consumano tutta l’acqua di quelli a valle, questi ultimi non vivono per esempio.
L’acqua, ovviamente, è fonte di tanti conflitti di natura economica e sociale, un modello di questo tipo serve anche a risolvere questi tipi di problemi.
É vero che ci sono anche problemi scientifici veri e propri perché bisogna inventarsi gli strumenti con cui risolvere questi problemi man mano che si lavora.
L’altro tema che mi interessa in questo momento si chiama ecoidrologia, ovvero come le piante entrano nel ciclo idrologico. Questo è un tema particolarmente affascinante perché non solo ha a che fare con la produzione agricola e quindi con la produzione primaria che ci sostiene ma sostiene anche tutti gli ecosistemi.
Anche perché ci sono degli esseri viventi che sono le piante, che traspirano l’acqua e lo fanno in modo intelligente dove l’intelligenza gli è stata data dall’evoluzione attraverso il clima, poi in questo momento in cui il clima sta cambiando, tutto questo diventa capire come le piante si adattano, come reagiscono al cambiamento climatico…
Ed è evidentemente un tema che mi appassiona.

Lei si ricorda il suo primo giorno di scuola?

Mi ricordo molto bene il mio primo giorno all’università.
L’università io l’ho fatta a Padova, sono di Vicenza in origine.
Facevo il pendolare quindi per me si trattava di prendere e di andare. Tutto un percorso non solo spaziale in quel momento ma anche sentimentale, nel senso che partivo dal paese in cui ero nato e affrontavo una realtà completamente diversa.
Me lo ricordo bene, mi ricordo che quando arrivai sulla soglia degli edifici universitari non sapevo dove andare e una ragazza mi disse “Ma tu sei del primo anno? Ti porto io dove devi andare” e mi ha portato fino alla classe dove poi avrei dovuto partecipare, mi sembra che fosse analisi 1.
A me sembrava già un’impresa essere arrivato fino all’aula, si presenta un professore e io pensavo che ci spiegasse un po’ cosa ci dovevamo aspettare invece dal primo minuto comincia a spiegare un teorema alla lavagna.
Quindi il primo giorno è stato un po’ uno shock e in verità c’è stato uno shock ulteriore perchè quando ho preso il treno per tornare a casa c’era sciopero dei treni e quindi quello che succede è che a un certo punto dicono “Il treno per Vicenza è stato spostato di un’ora” e dopo poco dissero che il treno era stato soppresso.
Pensai che se tutti i giorni fossero stati così io non sarei mai arrivato alla fine dell’università.

Che consiglio vuole dare a uno studente che vuole iscriversi a questa facoltà?

Penso che l’università sia un momento importante di crescita delle persone quindi qualunque cosa si faccia si deve fare una cosa che piace, poi questa cosa che piace non è necessariamente quello che si farà nella vita.
Io per esempio sono laureato in fisica ma da trent’anni insegno ingegneria quindi questo mio percorso è stato quello giusto per fare le cose che io faccio e che io rappresento.
Perché fare ingegneria dell’ambiente e del territorio?
Il primo pensiero che si fa quando si sente ingegneria dell’ambiente e del territorio è “Che cos’è?” però pensiamo ad alcuni dei problemi più importanti che noi abbiamo. Per esempio adesso parliamo di PNRR, piano di resilienza e ricerca, questo piano di resilienza a che cosa è rivolto? É rivolto a cambiare la filiera della produzione, le nostre città… In funzione del cambiamento climatico, cui noi siamo soggetti, e una parte importante di questo adattamento al cambiamento climatico passa attraverso la progettazione di opere ad esempio o la progettazione di città più vivibili.
Non sono solo gli ingegneri ambientali a contribuire a questo benessere della vita però gli ingegneri ambientali entrano in ogni elemento di questo processo , quindi diventare ingegneri ambientali significa per esempio costruire delle città più vivibili, gestire l’acqua in modo più consapevole, diminuire l’inquinamento, gestire il ciclo dei rifiuti e il ciclo della produzione industriale affinché tutto ritorni a costo zero per l’ambiente. Insomma ingegneria ambientale è tante cose.
Significa infrastrutture, capire come le infrastrutture vengono messe nel territorio e come queste possono servire meglio le persone. 
Significa come prevenire le frane, saper calcolare gli impatti che le opere ingegneristiche hanno sull’ambiente, vederne a lungo termine, a medio termine quali saranno gli effetti che questi hanno.
Ovviamente io sto un po’ esagerando perché alcune di queste cose non sappiamo bene come si fa a calcolarle però studiamo, lavoriamo per farlo.